Raccolta Scritti sulla Politica

Scritti pubblicati su quotidiani, riviste e webzine varie

Italiani
Democrazia forse
Liberismo
Manifestazione di Firenze
Qualcosa di centrosinistra

Il Taliban
Pace
Bepin
Fascismo

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ITALIANI

Gli italiani li aveva ben conosciuti e descritti Montanelli; ora non ci rimane che Giorgio Bocca a richiamarci alla realtà. Dietro il ritorno della retorica della bandiera e il triste abbraccio alla guerra con il contorno di cortei, non so se ci resta da ridere con Alberto Sordi o piangere con Benigni e la memoria di Troisi.
Scriveva Montanelli il 15 Dicembre 1999: "...di noi italiani con le poche virtù e i molti difetti, fra i quali la scarsa consistenza morale, la mancanza di una coscienza civile, o per meglio dire civica, la disposizione ad andare sempre col vento che soffia e a cambiare col medesimo, la vocazione gregaria, la violenza e nello stesso tempo la superficialità delle passioni, il culto del nostro proprio "particulare", la credulità con cui ci abbandoniamo al primo ciarlatano che ci promette le soluzioni più facili e quindi più ingannevoli che si traduce nell'eterna attesa dell'"uomo della Provvidenza", la tendenza a lasciarci travolgere dall'enfasi e dalla retorica. E via di questo passo. Per concludere che di questi difetti, per fortuna corretti, anche nell'infuriare di tali sbornie, da un vigile senso di umanità e di misura, Mussolini fu la più compiuta incarnazione.".
Perfetto, ora Bocca aggiunge: "...che razza di patria è quella dei paradisi fiscali, dei governi che si scagliano contro la giustizia che li disturba, dei parlamentari che passano le leggi salvaladri e che rifiutano il dibattito sul merito di queste leggi richiamandosi ossessivamente al numero dei voti e dei seggi?". Io aggiungo: ma qual'é la nostra patria? C'è qualcuno che si sente solo padano, qualcun altro solo juventino o romanista; c'è chi ha conosciuto lo Stato solo come Polizia, Carabinieri, carceri e corruzione...
Oggi, illudendomi, e in attesa di un nuovo miracolo italiano - promesso da Fazio, Tremonti con l'avvallo di Berlusconi- mi dovrei sentire più europeo che italiano...domani chissà.

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DEMOCRAZIA FORSE

Lo sò è difficile e anche se i "ragli d'asino non arrivano in cielo" bisogna prendere atto che quello che sostiene Berlusconi è conseguente alla sua cultura dominante. Chi ha "conquistato" televisioni, (perchè lui se le è conquistate) giornali ecc.; chi intende la politica come un grosso mercato di consensi da "conquistare" attraverso gli spot, trova ingiusti e non democratici i vincoli delle regole per tutti.
La democrazia è un esercizio difficile e insegna oltre all'umiltà, la piattezza e a guardare lo scenario politico, poca ce n'è. Berlusconi si proclama moderato ed è un eccesso in tutto: in possesso, in parole, in giudizi...
Così la democrazia perde i fondamenti filosofici che ci aiutano a stabilire che cosa sia la ragione e diventa un pragmatismo che individua una "verità assoluta" che è utile credere.
Berlusconi si muove dentro questa cultura, la nostra, e la nostra democrazia è nel dilemma tra godersi la ricchezza della Terra rispetto al Sud del Pianeta e per questo ci si trova nella condizione di essere uomini in una gabbia, con delle bestie feroci da uccidere o addormentare, (anche con gli spot) o nella ricerca di una sintesi che superi le proprie "verità" assolute che fanno chiamare barbari chi non le condivide. Purtroppo ho paura che abbracciando la prima idea di democrazia avverrà quello che la storia ripete: si dovrà bere sino in fondo l'amaro calice. Poi forse guariremo... Per un pò.

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LIBERISMO

A vedere come va il mondo sembra che il liberalismo abbia vinto. A distanza di 225 anni dalla pubblicazione di " Le ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni" di Adam Smith e il fallimento delle teorie comuniste, pare che il mondo sia governato da quelle idee. L'ideologia liberale attribuisce il merito del successo, come il demerito dell'insuccesso, alle virtù e ai vizi individuali che poi si ripropongono nella società con le diseguaglianze sociali. Nello stato liberale lo svantaggio sociale viene così attribuito alla carenza di mobilitazione morale e degenerazione della volontà. E' sempre e davvero così? C'è in questo una parte di verità poiché le doti umane si affinano o degenerano anche a seconda delle tradizioni famigliari e dell'ambiente sociale, fortemente condizionanti; ma io ho i miei dubbi: le doti morali che accompagnano i potenti e il successo non esistono, esistono soldi che chiamano soldi. Le " difference of talents", che richiama sempre A. Smith, sono sì la definizione di una identità ma nel rapporto con il mercato non rappresentano solo un valore, sempre tradotto in soldoni, ma la filosofia del più furbo che non vuol dire intelligente.
Tutto questo è causa di guerre, odio, poiché le doti morali vantate, sono l'imbellettamento del "lupo famelico" che per "grazia" o "elezione" diventa dispensatore di ricchezze e beni materiali. Questa ideologia persiste e avanza come "legge naturale"...Ma lo è?
Chi crede nell'uomo e nella libertà continua a combattere contro questo liberismo.

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IL TALIBAN

Il povero taliban Mohammad Abdul ha appena ascoltato alla radio: "Arrenditi. Consegnati ai soldati americani. Diversamente morirai...". E' il programma radiofonico dell'operazione Solo: un programma della guerra psicologia per invitare ad arrendersi il nemico. A Mohammad non gli restava che arrendersi. C'era solo da cercare i soldati americani. Ma dove erano? Si sentivano dappertutto ma non si vedevano; si sentivano scoppi, aerei, elicotteri, missili, bombe ma di soldati americani niente. "Le tue armi sono superate...", anche questo diceva il proclama. Che fregatura. Gli americani ti fregavano anche su quello: le armi diventano vecchie già il giorno dopo. Il suo fucile sparava 20 colpi al minuto, quello nuovo li spara al secondo. Gli americani infatti stavano buttando via i missili e le bombe intelligenti che con gli anni erano diventate un pò rimbambite. Le buttavano tutte sulla sua testa. Mohammad aveva deciso di arrendersi e aspettava il soldato americano a cui presentarsi: "con le mani alzate e il fucile per terra"; come diceva il programma Solo.
L'agfano Mohammad Abdul ha due mogli e sei figli piccoli che doveva salvare. In quel buco buio, sempre più insicuro, non ci voleva più stare. Ora dalla radio doveva togliere le pile per trasferirle sulla torcia...Sperava di arrendersi prima che le pile si esaurissero; sperava di incontrare il soldato Ryan presto. Mohammad su New York non aveva nulla da dire: per lui era una città lontana; Allah lo sentiva più vicino...Che non si sia mascherato da americano? Allah è grande deve per forza essere il più forte: lo "shirk" - il peccato di politeismo- era in agguato. Il taliban non cede: Allah è Grande, Unico e Solo, ma non è certo Ryan, l'americano. Questo è il verosimile reportage di una guerra da vincere che non convince.

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PACE

Domenica 14 Ottobre sarò a marciare ad Assisi per la pace. Ancora e sempre a parlare di pace; come se la guerra fosse una condizione naturale, come se il terrore e la guerra una normalità.
Ma allora è vero quello che sosteneva M. Klein: "L'uomo nasce cattivo e passa la vita cercando di diventare buono. Non sempre ci riesce.". Se non è così, può essere anche perché l'educazione all'amore e alla libertà non l'abbiamo mai raggiunta. Ci sovviene a condizionarci, o forse meglio a rispondere al desiderio di spiritualità e di trascendenza della nostra vita quotidiana, afflitta da altre volgari aspirazioni, la religione. La religiosità, quella dei padri e del luogo; quella dei costumi ci plasma e diventa supporto alla cultura del come stare insieme. Ma perché quello che ci dovrebbe salvare ci fa perdere? Perché un Dio che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza alla fine ci somiglia così tanto da essere raffigurato come un vecchio per niente saggio? Forse quel Dio è meglio perderlo che trovarlo: è quello che ci regala una vita eterna disprezzando quella reale: caduca, peccatrice e dispensatrice di gioie possibili. Noi dobbiamo imparare ad amare la vita, amare il qui ed ora; amare la nostra presenza e quella degli altri, che per un misterioso ordito ci sono contemporanei.
Oggi ci dicono che la guerra è diversa, non so quanto e come, sò solo che non è pace. La guerra è cultura di morte, è spregio della vita: a farla succedere ci sono sempre sentimenti nobili, ci sono ragioni superiori di difesa, di libertà e di giustizia; ma la guerra non ci salva mai. La guerra lascia i morti, i pensieri e i ricordi più brutti: a farla succedere ci sono interessi economici e di potere, c'è il terrorismo e la paura; ci sono molte cose che non sono mai quelle a cui aspira un singolo cuore. La speranza è che si può uscire da questa perversa spirale: è nella nostra possibilità riuscirci. Questo sta nel sentirsi liberi dai padri e dalle madri; di sapersi soli e per tanto unici e divini nel solo sentirci uomini. Solo uomini in pace.
Che paradosso il nome dato a questa guerra, "Libertà duratura"; succede alla "gaffe" di "Giustizia infinita": nessuna libertà si è scoperto è duratura come la giustizia non è mai infinita, varia nel tempo e con i governi. Libertà e giustizia sono valori della pace e non conquiste di guerra. Libertà e giustizia sono conquiste fatte attraversando il nostro intimo sentire per ritrovarci tutti simili e uniti, soprattutto nella pace, in vita. Il terrore che chiama alla guerra può essere vinto opponendo quello che A. Einstein rivolse all'umanità nel suo ultimo appello: "Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto"; una coscienza universale.

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BEPIN

E' morto poco tempo fa Bepin, è morto comunista: comunista italiano.
Ci teneva a rimarcarlo, sebbene nei suoi 75 anni, l'URSS era stata vissuta in diversi modi e all'inizio era stata la sua vera patria: con Berlinguer se ne era poi decretata la fine propulsiva per il mondo socialista. Con la caduta dell'URSS, alcuni anni dopo, rimanevano la Cina, Cuba e chissà quale altro paese; per questo si sentiva sempre più italiano: comunista italiano, il più grande partito dell'occidente.
Se in Italia era arrivata o ritornata la democrazia e la libertà lo si doveva non agli americani ma al sangue, il sacrificio e la volontà di tantissimi uomini comunisti. Per Bepin la democrazia non era poi veramente arrivata, come la libertà in effetti non era ritornata, perché semplicemente non c'era mai stata. Questa democrazia che viviamo pur piena di difetti, di mancanze, era frutto anche dell'azione politica dei comunisti italiani. La Costituzione ha in calce la firma di Umberto Terracini, un comunista a cui cavalieri e fantini; preti e cardinali; leader e premier, "non sarebbero degni di allacciarli i calzari". Questo pensava Bepin e lo penso anch'io.
La qualità degli uomini è rapportata senz'altro alla loro storia personale e collettiva. Bepin molte volte pensava, marxisticamente, che il "nuovo" è in linea di massima sempre migliore del "vecchio". Doveva essere un "nuovo" costruito dalle masse, dalla "lotta di classe"; si doveva costruire una "nuova umanità", una nuova società, un nuovo sviluppo.
Bepin è morto non vedendo il "nuovo" anzi cominciava a pensare che forse era meglio il "vecchio"; il vecchio come lo era diventato lui; Il vecchio come lo erano invecchiati gli amici; il vecchio che, mai come ora, aveva ripreso il sapore del "nuovo". Bello sarebbe ritrovare i giusti nemici, avversari: erano i padroni, gli antidemocratici, chi negava la libertà. Erano i ricchi, non in quanto tali, ma i ricchi malgrado loro: l'altra classe. Bepin era in questo un uomo di grande qualità: mai avrebbe sopportato di possedere un'auto di lusso, ville, amanti o altri beni ritenuti superflui. Egli aveva sposato l'etica e l'austerità e non servivano molti discorsi a mettere a tacere i sempre "nuovi" anticomunisti (italiani), gli bastava dire: io sono quà.

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MANIFESTAZIONE SOCIAL FORUM FIRENZE

Così c'ero anch'io, con mia moglie Anna, in mezzo a quella che era stata definita qualche giorno prima un'orda di delinquenti, di snob pacifisti, di "figli di papà che osano cianciare di povertà", di fiancheggiatori di terroristi. Ho marciato felice di manifestare con una parte di mondo per l'altra parte di mondo che non vuole il pensiero unico e il mercato che si dice libero ma che anch'esso è a senso unico. C'è una parte di mondo che non vuole che vengano uniformati i valori dello spreco, dell'abuso e della distruzione dell'ambiente; non vuole il super potere delle multinazionali americane, il super potere politico nel decidere tutto: questo è l'antimericanismo che circola, non quello dell'idea di libertà e dei diritti cui anche l'America è portatrice. E' stato un bellissimo corteo pacifico per la pace.
Un cartello davanti a me sintetizzava, a mio parere, l'intera filosofia: "Felici con poco - Felici tutti". Lo portava un uomo con un figlio piccolo per mano. Una speranza. Chissà se la realtà di un'utopia riuscirà a concretizzarsi. Basterebbe, a pensarci, poco. Basterebbe il piccolo cambiamento di ognuno per cambiare il Tutto; per cambiare il molto, per avere un altro mondo possibile.
Lungo il percorso sono avvicinato da un ragazzo che mi ha porto un sacco per l'immondizia con un piccolo biglietto: "questo è il Sacco di Firenze, ogni manifestante è invitato a raccogliere i rifiuti che trova lungo il percorso, non siamo qui a sporcare, imbrattare, distruggere". Benissimo, un altro aspetto della civiltà che ha attraversato la manifestazione. Un bel segnale. Un aspetto che ha caratterizzato questa manifestazione, a mio giudizio, è stata la partecipazione dei giovani e delle ragazze, soprattutto ragazze; sì, giovani donne che ricordavano le ragazze cantate da R. Vecchioni: Le mie ragazze...hanno 20 anni e un basco con la stella, un lampo di inguaribile sorriso e tenerezze dietro un muro d'ansia, ma sanno sempre dire un no deciso... Per me questa presenza femminile aveva un aspetto anche catartico e afferma una teoria freudiana per la quale la nostra guarigione, cura del malessere, si ottiene quando si riesce a far cessare "il rifiuto della femminilità"; ovvero la lotta contro la passività. Questo fa vincere; questo quando una persona è capace di sottomettersi senza sentirsi sconfitto. Questo movimento non è certo in analisi, non è certo sul punto di sottomettersi, ma certo non si sente sconfitto, soprattutto non ha quella "coscienza egoica fallica" che condiziona il mondo attuale. E' un movimento che è in antinomia a quello che sostiene la Fallaci: da notare come anagrammando Fallaci si ottenga fallica. La novità di questo movimento è che non soggiace all'invidia del pene, non esercita una protesta virile; è la prima volta che una manifestazione contiene i germi di una lotta passiva e sorridente, che sa contenere tutti i colori come la bandiera della pace. Con questo nuovo movimento che sempre più cresce e prende campo tutti dovranno confrontarcisi.

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FASCISMO

Diciamo la verità, il fascismo è più potente di ogni democrazia e altra qualità umana. Il fascismo è come una legge naturale: forte, barbara e insieme accomodante; riesce a dare un ordine e un valore alle parti più cattive, crudeli e rozze di ognuno. Per questo si sono inventate le razze e le civiltà superiori, si dà per scontato che il ricco e il potente, come il furbo, siano di una specie privilegiata. Ai deboli e poveri poi si fornisce un capo, un bravo padre di famiglia che pensa per loro. Il personaggio designato a ricoprire il ruolo suddetto, di solito diventa una macchietta: dimostra di volere saper fare di tutto. E' un imprenditore e anche un operaio, è un proprietario di ville e anche suo tappezziere, arredatore; è un impresario teatrale e capocomico…Insomma ripete il canone del condottiero. Dietro a questo duce poi si forma una corte che è quella che fa più paura: è formata da servitori attenti a non deludere il padrone e a volte sono tanto solerti nel dimostrare i propri servigi che creano perfino imbarazzo. Dietro a questa corte poi si estende a ragnatela una rete di piccoli interessi dove ognuno trova una nicchia di tranquillità. In alto qualcuno ti pensa ed è bravo, molto bravo a fare leva su quegli istinti che un'educazione cristiana ha a volte sopito. "Ma che cosa vogliono tutti questi stranieri? - I poveri s'arrangino, anche noi lo eravamo e non ci ha aiutato nessuno- Via le tasse, sono quelle che frenano l'economia; lasciamo fare ai ricchi che creano benessere - Siamo i più forti, dobbiamo dimostrarlo a chi non rispetta le nostre regole. Siamo anche i più tanti, non c'è bisogno di contarci, la pensano tutti come noi - Gli altri raccontano solo bugie - Il 25 Aprile che cos'è? Una festa comunista. Serve solo a loro, quindi non serve a niente. Aboliamola". Il fascismo si insinua nella società, si sta creando il terreno per un nuovo duce. Certo non sarà nessuno di quelli che ora calcano la scena attuale: o sono di età avanzata o sono mezze cartucce, ma qualcuno arriverà. Sarà forse tra due o tre generazioni se non prima: si saprà da quanto tempo ci vorrà per cancellare la festa del 25 Aprile.

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Qualcosa di centrosinistra

A sinistra è ormai da qualche tempo che il dibattito, su riformismo e prospettive di nuove aggregazioni e rilanci politici, si anima di progetti e voci. Una voce importante da molti anni nella discussione a sinistra è quella di Michele Salvati, professore di Economia Politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università Statale di Milano. M. Salvati è stato deputato nella legislatura 1996-2001 nel gruppo Ds-Ulivo. Tornato in Università, si occupa prevalentemente di problemi di economia del lavoro; ma non ha mai smesso di pungolare la sinistra per una svolta riformista; i suoi editoriali su La Repubblica sono sempre ritenuti interessanti. Gli però c'è da ricordare il libro, uscito a Gennaio di quest'anno: "Non basta dire No!", scritto con altri autorevoli autori, Boeri, Debenedetti, Ichino, Lombardi Manghi, Onofri ultimi due suoi interventi sono registrati dal "Foglio" e da "Europa"; prima, Ranieri, Rossi, Targetti e Treu. Nella prefazione di questo libro, Antonio Polito che oggi dirige il giornale "Il Riformista", scrive: "Questo libro è il frutto di un'esperienza amara. Gli articoli che lo compongono sono stati scritti da studiosi che, con il loro impegno professionale e civile e una profonda dedizione al proprio mestiere, hanno cercato di dare delle risposte ai problemi del nostro paese, in primis la modernizzazione del suo mercato del lavoro. Studiosi che sono stati sorpresi, delusi, addirittura scorati dall'evoluzione in toni di crociata ideologica della discussione e della lotta politica sulla riforma dell'articolo 18. Sentimenti che nascono da due circostanze: l'aver vissuto l'esito minimalista di uno scontro epocale, sfociato in "riformicchia confusa, parzialissima e sostanzialmente irrilevante", e, in verità ancor di più, dal dolore e dal cordoglio per la tragica sorte di uno dei protagonisti della discussione, Marco Biagi…". La posizione sull'articolo 18, dello Statuto dei Lavoratori, ha agitato molto le acque a sinistra e la ferma difesa di Cofferati ha contribuito a farne il personaggio che è diventato. Quello che M. Salvati ha proposto nell'editoriale del "Foglio" di giovedì 10 aprile è la costituzione di un Partito democratico che unisca i DS e la Margherita; l'analisi di questa indicazione è chiara: i DS sono ormai divisi in due schieramenti e la parte più radicale che fa capo ad "Aprile", destinata ad essere minoritaria e ormai tendente a ritrovarsi vicina a Cossutta e Bertinotti pur non avendone i difetti e la tendenza a sbagliare, è sempre più un altro partito. Allora ecco che per Salvati la scelta di fare un Partito Democratico con l'unione di DS e Margherita farebbe chiarezza ampliando le ragioni di una prossima vittoria del centrosinistra; naturalmente unendo, successivamente a questo nuovo centro riformista, Cofferati, Bertinotti e Cossutta.
Certo che questo progetto eviterebbe, per Salvati, di fare dell'opposizione a Forza Italia, un soggetto speculare; soggetto che di per sé sarebbe perdente.
Il dibattito è stimolante, con tutte le varie divisioni e complessità del centrosinistra un po' di esemplificazione e chiarezza è benvenuta. In breve si auspica una divisione, una ulteriore scissione a sinistra, per poi riunirsi su nuove basi. Da leggere in questo caso è il dibattito tra M. Salvati e M. Cacciari sempre sul tema lanciato dal "Foglio", su Europa, il nuovo quotidiano della Margherita, del giorno sabato 12 aprile. Il costituente Partito democratico sarebbe un passaggio auspicato. Purtroppo la strada non è facile, il carattere destabilizzante dell'attuale maggioranza, nel senso di sconquassi istituzionali e scelte al limite del reazionario, crea scompiglio e risposte non meditate e utili a indirizzare gli elettori.
L'articolo sul "Foglio" di M. Salvati si apriva ricordando le parole di Nanni Moretti, "D'Alema dì qualcosa di sinistra"…"Per l'implorazione è stato accontentato non da D'Alema ma da Sergio Cofferati…"- Ora si tratta di aspettare delle cose di centrosinistra, ovvero di una coalizione più grande e diventata matura per vincere sul centrodestra. M. Salvati con le sue valutazioni ci aiuta. I tempi possono essere lunghi e Berlusconi sembra paradossalmente regalarceli; ma il popolo del centrosinistra non può e vuole aspettare: questo governo sa fare male, un male che a volte fiacca speranze e risorse. Anche questo è un'ulteriore prova di intelligenza e fare politico. A tutti è chiesto uno sforzo.