Raccolta di Scritti sulla Guerra

Scritti prima e durante il conflitto anglo-americano con l'Iraq (20 Marzo 2003-?)


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Chi disarmerà?
Personale
Dissenso
Bisognerà tenerne conto...
Il popolo della Pace
Scritto per Anna

Bravi cittadini
Dopo Saddam?
Ombre
La Guerra in noi
Rupofobia


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CHI DISARMERA'?

Chi disarmerà l'America? Ho visto una foto di un dinosauro con la scritta sotto: "Molta corazza, poco cervello". Così si è decretata la scomparsa di una specie dalla Terra. Ora che l'America ha trasferito l'intelligenza nelle bombe cosa si può sperare? L'America è il nostro mondo, la nostra cultura, è il nostro stile di vita e si muove conseguentemente nello spirito che l'ha creata: la conquista e la volontà di potenza. Come un becero poliziotto, visto in tanti suoi film, l'America vuole portare la sua disciplina, le sue regole, la sua volontà in tutto il globo; ma è un poliziotto che scende in strada, armato a più non posso, sapendo che in casa ha un brutto cancro che gli sta uccidendo i figli migliori.
La destra politica, sta vincendo nel mondo forse perché è giusto che vinca: questo è il periodo storico dove la democrazia stessa è funzionale al mercato e al capitalismo, e non viceversa per i cittadini. La destra deve dimostrare, o sarebbe meglio dire accollarsi, la responsabilità della cultura che governa il mondo: il potere ai suoi ricchi. Potrebbe la sinistra governare in senso opposto, una spinta forte, ineluttabile, come questo carro che corre in discesa? C'è solo da aspettare che si distrugga da sé e da tale disastro l'uomo faccia esperienza - anche se questa durerà poco.
Chi disarmerà allora l'America? Nessuno. Si disarmerà sparando tutte le sue armi anche contro se stessa.

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PERSONALE

Se è una questione personale, se è una ragione di opportunità politica e di Stato, allora si può risolvere così: Saddam Hussein si presenta davanti alle telecamere e dopo avere detto che fa questo per salvare il suo popolo innocente o anche solo un bambino irakeno, insieme alla sua idea di società, si spara da solo un colpo in testa. Un bel suicidio mediatico che dà a Bush, e al suo potere di guerra totale, il giusto risultato. D'altronde la guerra questo vuole, uccidere Saddam.
Bellissimo epilogo di una grande tragedia moderna. Moderna? Eppure mi sembra di avere già visto tutto…Come se fosse una cosa personale. Ma è così? E' una questione veramente di personaggi che si consegnano alla storia come sconfitti e vincitori? Il potere e i suoi meccanismi, conseguenti alla sua interpretazione, deve avere sempre lo stesso risultato? E' possibile che le marionette di Bush e Saddam siano la nostra e la mia storia? No, essi sono al di là del mio singolo pensare; essi sono specularmente il risultato di un potere che è pensato così da tutti. Bush può avere il consenso o no e Saddam può non averlo o si, ma la questione non cambia: le guerre si fanno. Si fanno per ragioni superiori al nostro volere, per ragioni ideologiche e per ragioni materiali, molto concrete, per quello che poi traduce il potere: i soldi. Un solo colpo di pistola quindi non può bastare a soddisfare la concretezza di una guerra, perché in fondo non cambia nulla, come non cambia il potere e il nostro modo di vivere. Anzi...

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DISSENSO

Con la guerra i fantasmi sono destinati ad aumentare: dopo Osama Bin Laden ora circolerà anche quello di Saddam Hussein. I motivi di una guerra che stanno dietro all'eliminazione di una persona, hanno il ruolo di uccidere il primato della politica e insieme quello della ragione. Meraviglia che si continui a pensare in termini simbolici; ovvero identificando nel diavolo una singola persona. Ieri era Hitler, Mussolini come Stalin, Pol Pot o Bokassa, oggi sono Milosevic, Saddam, Bin Laden come Castro o Gheddafi. E' cambiato forse qualcosa? Ma è veramente così? Provate ad invertire le ideologie in campo: Bush il paladino della democrazia diventa il leader di un unico sistema (un nuovo totalitarismo); Saddam, il dittatore sanguinario, diventa invece il libertario, il depositario di una nuova democrazia basata sul consenso partecipato del popolo. Bush per questo sente di eliminare le sacche di resistenza e pericolose alla sua visione mondiale e attacca Saddam. Chi sono i giusti e i vincitori?
Si parla delle armi di distruzione di massa con uno stupido script mentale: come se uccidere in fondo sia solo un problema numerico: due o tre come forse cento va bene, mille forse no e duemila senz'altro inaccettabile. Bontà loro: ai bravi mercanti e costruttori di armi intelligenti e chirurgiche nonché portatrici di libertà e democrazia; in verità contano i conti economici come quelli di costi e ricavi. Il terrorismo in questa economia contabile diventa una variabile indipendente, un fattore destabilizzante o giusto contraltare allo sterminio fatto con le divise, con i codici cavallereschi, con la retorica degli eroi e delle patrie. Si combatte il terrorismo si dice, si uccidono con la guerra le cause? No, si uccidono uomini che magari saranno il diavolo per certuni il quale il Male è sempre dell'altro.
Io sento il dovere di manifestare un dissenso.
Pubblicato da NAMIR e ITALIANS (23 /3/2003)

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BISOGNERA' TENERNE CONTO...

Bisognerà tenerne conto delle parole di questo governo sulla legittimità di questa guerra.
Bisognerà ricordarsi di queste azioni militari denominate "colpisci e terrorizza". Di fronte a questo terrore con che cosa bisogna rispondere? Con altro terrorismo? Io ingenuamente scendo in piazza con il vessillo multicolore, ho sempre fiducia nell'uomo e nelle sue capacità di discernimento. Però, riconosco in un moto di rabbia, di metterci poco a pensarmi assassino: avessi tra le mani Blair o Bush come Saddam o Kim il Sung, insomma un colpo lo sparerei. Che stupido poi mi direi, ho forse ucciso il male che è soprattutto in me? Ho risolto la questione di risolvere con la violenza, quella ritenuta crudele degli altri?
Quanto poco ci vuole a trasformare i bravi cittadini, i bravi impiegati, padri di famiglia e oneste casalinghe in feroci soldatini; d'altronde lo ricordava Hannah Arendt, non si sarebbero potuti compiere tutti i crimini collettivi del secolo passato senza il concorso di tanti "bravi uomini".
Anche quelli che ci governano sono "bravi uomini". Anche i leghisti che rifiutano gli islamici e i profughi sono oneste persone timorate di Dio e amanti della propria famiglia. Anch'io che ho voglia di ucciderli tutti…
Quanto poco ci vuole, con l'adesione ad un unico pensiero, a trasformarci in mostri. Già, guardando la guerra in tv come uno spettacolo per l'ora di cena, una metamorfosi della nostra umanità per tanti si sta compiendo.

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BRAVI CITTADINI

Si può pensare che uccidendo un capitalista o un tiranno si uccide il capitalismo e la tirannide? Che uccidendo Saddam o Fidel Castro si ha la democrazia in certi paesi? Solo l'idiozia delle BR e di Bush, solo con uno stesso concetto di potere, distributore di vita e morte e anche sostenitore di modelli uguali per tutti, si può arrivare a concepire queste cose. Sono tutte questioni che evitano un interrogativo di fondo sulla nostra consapevolezza, sulla qualità del pensiero e su cosa veramente conta nella nostra vita.
Hannah Arendt per fuggire alla catena della guerra che da sempre accompagna il cammino dell'umanità, pensò giustamente di considerare che ognuno di noi ha la capacità di iniziare una nuova storia. La storia rinasce con noi e con la potenzialità del nostro pensiero possiamo cambiarla. La storia attuale e passata può' essere considerata come l'adesione inconsapevole e senza pensiero critico al totalitarismo del "capo"- di qualunque leader - eletto democraticamente o no; così si formano cinicamente i bravi cittadini carnefici: l'uomo di buona famiglia che ha permesso i più grandi crimini del XX secolo. E' sempre più chiaro che senza l'adesione di tanti "bravi" cittadini, non sarebbe potuto avvenire tutto il male scaturito dall'olocausto e dalle guerre. Ancora oggi leggendo giornali e ascoltando molti discorsi si può scorgere quanto può essere breve il passo a trasformare le persone in soldatini, in fans faziosi, pronti a sparare su tutto e tutti. La guerra in fondo è la conferma di questo. La vera politica e il pensiero, anche pacifista potrebbero salvarci, ma dubito che chi oggi è a capo del mondo pensi.

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DOPO SADDAM?

Dietro ogni regime c'è sempre una base popolare; anche dietro le dittature più spietate c'è sempre un consenso. Credete che Hitler, Stalin e Pinochet, per citare alcuni dittatori, potessero esercitare il potere e i conseguenti crimini contro l'umanità, senza avere con loro l'appoggio di brave casalinghe, bravi impiegati, soldati, operai e cittadini? Per una sorta di script culturale, un certo tipo di programmazione mediatica e parentale, ci si tramanda la figura del bravo papà, della buona tradizione e dell'ordine stabilito da qualcuno che sa': il despota o il governante di turno. Per i regimi democratici invece la regola è più estesa, il consenso è reso pubblico, è coltivato, blandito, istituzionalizzato; il potere regolato a maggioranza e anche la minoranza è popolare. Bush ad esempio conta circa il 50 per cento del consenso popolare americano, se contiamo gli astenuti, i non votanti, allora anche meno; allora? Sono solo piccole considerazioni sul mondo e su un potere che stenta ad avere consapevolezza di sé ed ora prepara la guerra per portare la democrazia.
Dice Oriana Fallaci nel suo articolo, "la rabbia, l'orgoglio, e il dubbio", che le guerre contro l'ingiustizia e la tirannide, per la liberazione e la democrazia, sono giuste, legittime. Anzi doverose. Sono d'accordo anch'io salvo che, guarda caso, la guerra è dichiarata per prima sempre dagli "stronzi", da quelli che si dovrebbe combattere. Almeno finora. Ora è proclamata preventivamente e senza fine da Bush junior, dovremo essere d'accordo?
Ora si pensa di destituire Saddam, come fu deposto Mussolini e Hitler con la guerra: è giusto? Allora se dovessimo deporre tutti i farabutti che governano le nazioni della Terra, forse non basterebbero tutte le bombe, i fucili e i cannoni del mondo; non dimentichiamoci la Corea, la Cina, il Vietnam, i regimi africani, sudamericani. Saddam è solo l'inizio? E poi? La democrazia nasce dalla civiltà e non può essere imposta con la guerra.
L'Islam, si dice, non ammette democrazia, Allora che cosa dobbiamo fare? Dichiariamo guerra a tutto l'Islam? Il dubbio come si vede non l'ha solo la Fallaci, che conclude con la certezza di entrare nel Fort Alamo con Bush e Blair a difesa della nostra civiltà. Io sarò vigliacco, un antieroe, un debole, ma quel giorno io non ci sarò; sarò in vacanza. Anche questa è una certezza.

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OMBRE

Riusciamo a vedere le ombre? Jung definiva "Ombre", le parti nascoste, non accettate della nostra personalità, che ci imbarazzano e pensiamo ci facciano discriminare dagli altri. L'ombra è così il nostro particolare inconscio, la parte sconosciuta e speculare di quello che di solito vogliamo rappresentare di noi agli altri. Viviamo la maschera. Eppure l'ombra ci rende uomini tra gli uomini e umani; mentre le buone qualità, i pregi ci pongono al di sopra degli altri. A tale proposito quelli che non vivono l'ombra, sono i perfetti, quelli che infliggono a chi sta intorno a loro un irritante senso di inferiorità: si comportano come esseri superiori e per questa ragione quando si scoprono in fallo, fanno provare sollievo e perfino rallegramenti quando gli capita un accidente.
Ad altre persone capita, invece, che vivano la propria ombra in modo esagerato, così rivestono il ruolo di "redentori negativi", ci liberano dall'affrontare la nostra propria ombra. A volte quando esprimiamo dei giudizi drastici: "è una puttana...", " è un delinquente...", diciamo più di noi che di quello che vogliamo indicare. E' l'altro il cattivo, quello che commette il delitto; noi l'abbiamo soltanto desiderato. Succede poi che qualcuno si addossi anche l'ombra degli altri; ecco allora nascere i "barbablù", i "mengele" e tutti gli altri criminali della storia.
Però non possiamo vivere senza un rapporto con la nostra ombra; un rapporto che ci faccia pure continuare ad imprecare con un "Porca Eva" o "Porco cane", ma non dimenticare quanto ne siamo succubi o negatori. Riusciamo a saperlo? Con un pò di introspezione chissà quante ombre uscirebbero e allora chissà se il mondo non diventerebbe per questo più umano. Forse più giusto.

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A CHE GIOCO GIOCHIAMO?

Nello studio dell'Analisi Transazionale, c'è un sistema per individuare una dinamica relazionale definita "gioco". Ogni giocatore assume inconsciamente di volta in volta il ruolo di Persecutore, Salvatore e Vittima; poi può saltare da un ruolo all'altro a secondo l'andamento del gioco. Di solito però uno interpreta il ruolo preferito e passa la maggior parte del suo tempo ad esercitarlo. Voi siete Vittime, Persecutori o Salvatori? Un aiuto: il Persecutore di solito è una persona seriosissima con un alto senso del dovere che vede tutto negativo; lui si ritiene sempre nel giusto e gli altri sono quasi sempre inadatti, non bravi, non giusti. Il Salvatore è molto premuroso, in pò chioccia; ama molto come un dovere e trova negli altri sempre delle mancanze a cui sopperire. La Vittima è sempre complementare agli altri due ruoli: è un bambino sempre in difficoltà e trova sempre un Persecutore o un Salvatore secondo il momento esistenziale. Gli altri sono sempre più bravi di lui e quindi cerca chi può aiutarlo. Questi giochi si svolgono sia a livello sociale che psicologico. Chi gioca in genee instaura relazioni simbiotiche ovvero relazioni figlio - mamma; bambino- genitore. Il dramma è che questo meccanismo di relazione si ripropone sempre inconsciamente: un figlio cercherà sempre una mamma ed un bambino un genitore.
Uno dei giochi preferiti è : Povero Me!. Trovata una Vittima, il Salvatore risponderà: "Sono felice di aiutarti, come saranno felici di avermi conosciuto"; Il Persecutore: "Guarda in che situazione mi hai messo, ti ho beccato, brutto pasticcione".
Ma perché si gioca? Tutti i giochi hanno un tornaconto, una finalità importante ed esistenziale: ricevere carezze, meglio positive, ma non importa a certuni più di tanto; vanno bene anche quelle negative, poiché si sà la cosa peggiore è l'indifferenza: è non essere visti, guardati, percepiti, ascoltati , sentiti... Insomma ci siamo?
Pensateci un pò, quanti stanno giocando in questo momento?

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RUPOFOBIA

Tanto più aspiriamo come società ad un mondo pulito, tanto più paradossalmente cresce la "rupofobia". Dal greco "rupo", ovvero sudiciume, rupofobia significa paura dello sporco. Un termine non conosciuto e poco usato a dispetto di sintomo che sempre più colpisce le persone. Quanti sono quelli che tutti i giorni sono a combattere i loro nemici: polveri, acari, capelli, peli, microbi, batteri? Tanti; tanti e sempre di più, anche spinti dalla pubblicità pronta a venderci le più svariate armi da combattimento: stracci mangiapolveri, spray autopulenti, detersivi con Mastro lindo o Mr Bianco.
Certo che il vero rupofobo, spesso è anche un compulsivo ossessivo: si lava continuamente le mani, vede microbi malefici dappertutto e guai agli odori, sente il lezzo ovunque. Questo mentre cresce l'inquinamento, le allergie, le malattie della pelle...Se leggiamo tutto questo, sotto l'aspetto psicoanalitico, ci rivela come non riusciamo più a reggere le mancanze, le nostre "ombre", ovvero le parti nascoste di noi, non accettate, che nel rito della pulizia cerchiamo di sbarazzarci. Forse per questo c'è in giro a volte, molta negatività e cattiveria.
Eppure noi siamo anche la "cacca", la "pipì"; siamo un corpo che suda e puzza. Se non facciamo i conti con questo corpo, questa materia, non riusciremo a uscirne. Anche se nel linguaggio siamo sempre più liberi di chiamare le cose come stanno, sentendo perfino in TV nominare la "diarrea", rifiutiamo la convivenza con lo "sporco", le "ombre" che guarda caso sono sempre degli altri.
Eppure imparare a convivere con questo "sporco", ci aiuterebbe ad amare in modo diverso e più autentico: un amore che vuol dire anche affondare nella carne e nelle budella dell'altro.
Questo vuol dire contaminarsi e affrontare la vita per quello che è. In definitiva essere pronti ad amare sapendo che proprio per questo si può essere traditi.

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IL POPOLO DELLA PACE

Il popolo della pace è tenace. Un'altra, l'ennesima manifestazione per la pace e lo stesso popolo scende in piazza sempre numeroso. Oggi 15 marzo 2003, a Milano per la "pace e i diritti", la manifestazione promossa dalla CGIL, sono oltre 500 mila i partecipanti.
Un'altra occasione per tastare il polso e valutare la volontà degli italiani di pace. Ancora crescono le bandiere arcobaleno. Per questa manifestazione a carattere nazionale sono stati organizzati 2 mila pullman e 34 treni speciali.
Io sono arrivato con il treno speciale partito da Genova alle ore 9,25. Durante il percorso vedo i palazzi, che guardano la ferrovia, quasi tutti con almeno una bandiera della pace. Quelli che ne sono sprovvisti fanno una strana figura. Fanno domandare: "Possibile? Non ci abita nessuno? Sono per la guerra?". La verità è che basterebbe uno solo, un solo inquilino a cambiare il paesaggio e insieme forse anche la storia; basterebbe un po' di coraggio, forse un po' di intraprendenza. Chissà i giorni volano, vanno verso la guerra e allora…
Io provenendo dalla Liguria sono arrivato alla stazione di Porta Genova, come quelli dell'Emilia, delle Marche e del Piemonte. La destinazione era Piazza Cadorna per il concentramento in preparazione del corteo; ma era presto prima della partenza prevista alle 14, così con una piccola passeggiata sono arrivato a Piazza Duomo, attraversando Foro Bonaparte e poi via Dante, la Milano elegante e in questo sabato mattina pare ancora dormiente. Altri due concentramenti per i cortei sono a Piazza Duomo e Piazza Loreto.
In piazza Duomo a Milano c'è il concentramento delle delegazioni arrivate dal sud Italia: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata…Insieme c'è la Milano delle associazioni, dei centri sociali e dei partiti della sinistra locale. C'è Pina di Salerno, è arrivata Pina con uno striscione formato da 25 bandiere della pace: ha cucito per due giorni ed ora insieme alle amiche del quartiere dove abita lo esibisce felice. C'è Giacomo di Savona che si è fatto un cartello sandwich con la scritta: "Andate con la guerra a prendervelo di dietro" (davanti) e "Per la guerra abbiamo già dato" (dietro). Poi c'è Sandro di Carini, un piccolo paese siciliano è arrivato ieri sera ed è stato ospitato da compagni della Camera del Lavoro di Milano, anche lui con il suo striscione colorato a rappresentare la Sicilia, lui dice anche la dignità, il riscatto e tante altre cose; non smetterebbe mai di raccontare.
C'è un gruppo di ragazzine sorridenti con un punto rosso appiccicato al petto: è in riferimento al segno con cui marchiano le domande di soggiorno a immigrati da scacciare; emigranti cui non è stato riconosciuto il diritto di lavoro e permanenza in Italia. Il tutto senza motivazione. E' anche la manifestazione per i diritti e molti adesivi contro la legge Bossi- Fini e cartelloni per l'articolo 18 lo ricordano. Molti poi gli immigrati con gli striscioni del "No al razzismo" C'è Franca con il marito e il figlio Massimiliano piccolo nel passeggino. Massimiliano dorme avvolto in una bandiera ed è una immagine di serena pace in mezzo al rumore in preparazione del corteo. Ci sono due signore distinte, una con il cappotto cammello e il barboncino al guinzaglio, marciano anche loro per la pace e indossano due sciarpe con i colori della pace…''Credo che ci sia la riconferma dell'opinione degli italiani, perché questa è una manifestazione che rappresenta uno spaccato della realtà italiana: giovani, vecchi e persone di diversi ceti sociali''; così afferma puntuale Cofferati, mescolato alla folla dei manifestanti. I tre cortei confluiranno davanti alla Stazione Centrale, dove da un grande palco il segretario generale della CGIL Guglielmo Epifani tiene il discorso conclusivo. Sono le ore16, Epifani attacca: "Anche per noi valgono le parole del Pontefice, con la guerra tutto è perduto". Epifani ha inoltre ribadito l'avversione del sindacato per il terrorismo: "Dobbiamo rifarci alle parole del presidente Ciampi, secondo il quale il sindacato è un baluardo in difesa della democrazia e della lotta contro il terrorismo. Il sindacato è nemico del terrorismo e il terrorismo è nemico del sindacato". Alla fine ricorda che appena sarà decretato lo stato di guerra i lavoratori si fermeranno: uno sciopero generale e immediato rimarcherà se ce ne fosse bisogno la distanza tra il mondo del lavoro e la guerra. Tornati a sera tardi a casa molti partecipanti alla manifestazione di Milano vedranno i telegiornali; con rammarico constateranno che i Savoia, per il rientro in Italia, hanno avuto più spazio della passione, della voglia di pace, di diritti di democrazia e amore di centinaia di migliaia di persone per bene. Pazienza. Basta vedere un canale locale si scoprirà che c'è in corso ancora una fiaccolata, un'altra manifestazione, un presidio, un volantinaggio. Milano in fondo era una goccia nel mare; nel mare di chi vuole la pace.

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L'impresa di conoscere se stessi è conoscere la verità che normalmente ci neghiamo, complichiamo, continuando a dire bugie prima di tutto a noi.
Ma i sogni no; i sogni ci riportano alla realtà più vera: i sogni non mentono.
C'è un sogno ricorrente che penso in molti abbiamo fatto: è quello di essere coinvolti in una strage, in una carneficina e seppure armati, la pistola non spara e anche se muoiono tutti noi sopravviviamo. Un incubo; una angoscia tremenda ci attanaglia. Cosa vorrà dire questo sogno? Molti penseranno ad una cattiva digestione, a qualcosa rimasto sullo stomaco, a qualcosa di fisico; invece lo si può interpretare, con la cultura psicoanalitica, diversamente: chi fa questo sogno non vuole abbandonare il proprio io. Il sogno ci rivela che non riusciamo a farci uccidere. Intorno a noi tutti erano morti, non erano più le persone che avevamo conosciuto. Solo noi resistiamo: non uccidiamo e non vogliamo farci uccidere. Quella morte avrebbe significato il nuovo: una nuova vita e invece resistiamo; non vogliamo lasciare la nostra posizione esistenziale. Il sogno quindi ci costringe a patire, ci richiama ad una morte che temiamo e che invece sarebbe necessaria per rinascere, per cambiare.
Allora la potenza del sogno e della nostra vera essenza, ci richiama a cambiare facendo morire quello che pensiamo sia nostro. Il sogno che ho raccontato è di tanti, perché siamo in tanti prigionieri, lo siamo di molti attaccamenti; lo siamo delle cose più stupide e perfino delle cose che più ci fanno soffrire. Ma la nostra parte più vera, la coscienza, ci parla e ci vuole vivi: per questo c'è bisogno che moriamo; c'è bisogno che rinunciamo a tutti gli aspetti che non sono necessari alla nostra crescita, alla nostra vita. Il sogno è poi traumatico perché ci deve svegliare dall'ipnosi delle nostre identificazioni, dal nostro falso io. Se riusciremo a morire nel sogno e in questa falsa vita, allora ci conosceremo e sarà una grande scoperta.

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SCRITTO PER ANNA

Porta uno straccio bianco per la pace, attaccato alla borsa, "uno straccio di pace"; è fiera e determinata nei suoi convincimenti, almeno quelli ideali: per la pace, per i diritti, per l'eguaglianza. Lei è per le tinte forti e ama i colori dell'arcobaleno. Oggi si sente tanti anni di meno e ha camminato l'intero giorno per la città. Ora la vedo venirmi incontro sulla piazza per "l'ora di silenzio per la pace": è la mia donna e si chiama Anna.
Stamattina a dire il vero c'eravamo lasciati con un po' di rabbia; ma non manchiamo di sederci vicini senza parlare. Finita l'ora basterà un sorriso a decretare la pace prima, la pace essenziale, quella con lei: la mia donna. Torneremo a casa tardi stasera, c'è ancora qualcosa da fare e, con la nostra pace, cosa c'è di più bello che trasmettere la pace del cuore? L'arte di amare, diviene facile nell'ideale di pace. La mia si chiama Anna.

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LA GUERRA IN NOI

La guerra prima di farla agli altri la facciamo contro noi stessi: combattiamo con i nostri istinti primordiali, con la voglia di distruggere il mondo e anche noi stessi; lo nascondiamo ma sappiamo che l'odio per il nemico è un odio che conosciamo bene perché lo abbiamo esercitato prima su di noi. Ecco gli stupidi eroi che siamo; ecco i bisogni che appaghiamo: nient'altro che fame di noi, di rappresentare ciò che non siamo. Quanta polvere, terrore, sangue e spavento per scoprire che cosa conta veramente nella vita e quanto sia preziosa. Così perpetuiamo i comportamenti violenti, continuiamo le guerre pensando di sconfiggere il nemico, di annientarlo, finirlo, cancellarlo e invece… Eccoci da capo a vedere subito dopo un altro nemico, poi ancora un altro ma quanti sono i nostri nemici? Troppi. E quante persone invece amiamo? Poche; forse una, a volte anche sbagliata. Ah la guerra…prima di tutto la facciamo a noi.