SCRIPT
Il destino inconsapevole

Carezze

Nel processo di autocoscienza c'è la graduale accettazione del nostro essere, tali da divenire figli di sè. Bella a tale proposito, è la storia di Erik Erikson, che senza essere nè medico, nè psicologo, divenne professore ad Harward come studioso delle età evolutive. Egli in realtà si chiamava Homburger, ma andando in America cambiò nome e cognome di famiglia scegliendo Erikson che vuol dire figlio di Erik; il suo nuovo nome indicava che egli era il padre di se stesso. Anche Eric Berne, nato in Canadà, cambiò il proprio cognome; in origine il suo nome era Bernstein, ma divenuto cittadino americano nel 1938 si cambiò il nome in Berne.
Interessante è anche quello che sostiene J. Hillman, con il libro "Codice dell'anima", riguardo al nostro essere più profondo; egli dice che esiste in ognuno di noi una "ghianda individuale". Quello che contiene la "ghianda" è l'immagine di un intero destino capace di racchiudere una enorme quercia.
Ogni bambino vive due vite: una dettata dall'educazione, dai luoghi, dai costumi; l'altra quella della sua natura individuale, del suo autonomo sviluppo. Dare voce alla sua vocazione, a questa seconda vita è quella che ci ama, ci salva e vuole autonomia. E' la forza della piccola "ghianda". Con questa "ghianda" noi siamo quello che siamo. Al pari dello SCRIPT parentale la "ghianda" modella la nostra vita, ma in senso positivo. Anche il libro di Hillman si propone di smascherare la mentalità della vittima che è in parallelo lo smascheramento del copione e dello SCRIPT. Certo che la nostra perenne unicità e irripetibilità ci testimoniano la giustezza dell'esistenza di un seme univoco: altrimenti saremmo tutti uniformati e uguali.
Per Berne ci sono diverse forme che muovono il copione. Ci sono gli atteggiamenti che si prendono per comunicare, come la plasticità del viso o la "mobilità dell'IO"; ci sono poi le caratteristiche biologiche quali "l'imprinting", "l'attrazione", "le influenze ereditarie" e infine il "piccolo fascista". Quest'ultima è rappresentata dalla forza arcaica che è dentro di noi: è la forza della conservazione, quella che ci tiene legati al sangue, alla tribù, è l'ostacolo più forte all'evoluzione umana. L'ingordigia e la violenza dell'uomo della caverne, che avevano un senso per superare le difficili condizioni di vita di quei tempi, sono giunte fino a noi attraverso il "piccolo fascista", trasformandosi in egoismo e crudeltà. Ha ragione E. Nolte ad affermare che il fascismo, non è soltanto un fenomeno politico, ma è anche il disperato tentativo di fermare la volontà di andare "oltre": prefigurare un mondo migliore. Il fascismo con il nazismo sono in sostanza le più alte forme di disumanità: sono l'affermazione della potenza dello SCRIPT nel senso più negativo. Molte volte il rifiuto a seguire il "piccolo fascista", porta ad eseguire il controcopione: chi doveva diventare suora, diventa una grande puttana; chi doveva fare l'eremita, diventa un attore di teatro.
E. Berne con il libro:"A che gioco giochiamo", edito da Bompiani, ha descritto i "giochi"; le relazioni costruite artatamente per procurarci stimoli, conferme d'esistenza o meglio "carezze". Il termine "carezza" è inteso come unità di stimolo per la relazione. Le "carezze" possono essere di diverso tipo, grado e modalità; possono essere fisiche, verbali, mimiche, mediali, condizionate o incondizionate, distruttive o costruttive, positive o negative. Questa fame di "carezze" o di stimoli, che è fame di riconoscimento, è tanto importante come il cibo e l'aria. Questa fame è così sentita che si preferisce una carezza negativa (es. un rimprovero) piuttosto che l'indifferenza. Senza "carezze" non si vive.
In mancanza di queste, preferiamo gli schiaffi. La fame di "carezze" è diversa in ognuno di noi, c'è a chi non bastano mai e chi riesce a vivere con una "carezza" al giorno. Un esempio possono essere i divi dello spettacolo o i personaggi pubblici, cui le "carezze" ricevute con il successo o la riconoscibilità, pare non li bastino mai: cadere nella dimenticanza, li fa sprofondare in gravi crisi depressive. Secondo Claude Steiner (un allievo di Berne), in occidente, i bambini vengono allevati attraverso la gestione della "carezze". Questa gestione, per Steiner, è basata su 5 punti:
1) Non chiedere carezze 2) Non dare carezze 3) Non accettare carezze 4) Non rifiutare carezze negative 5) Non accarezzare te stesso.
Chi viene allevato rispettando queste regole, vive cercando beni materiali, si accontenta di essere frustrato, insultato e infine cerca sostitutivi alle carezze tipo la droga. Rifiutare invece queste regole dell'educazione occidentale, significa conquistare l'autonomia e l'intimità rifiutando carezze negative. L'intimità è il modo più appagante il bisogno di carezze. Con l'intimità ci si apre alla comprensione e alla reale conoscenza. Avviene uno scambio che si basa sulla fiducia e libertà. La critica allontana l'intimità. La tossicomania è per certi versi un surrogato all'intimità. Vedendo quanta gioventù è in preda alla droga si può ben desumere quanta sia grande la mancanza di intimità e di rapporti relazionali oggigiorno basati su ciò.
La stessa fisicità dell'oggetto droga è surrogato all'uomo. E' la madre nel cui grembo ci annulla. E' la pulsione di morte che vince. La difficoltà di rapporto con la propria sfera emotiva e sentimentale, diventa causa di grande malessere perciò la gestione dei sentimenti, la sua qualità e capacità, sono fonte da cui dipende il modo per affrontare la vita.
L'amore è la relazione dell'intimità, è la relazione che ci libera. Per Freud, in ultima analisi, la capacità d'amore è quello che ci salva. Per Fromm amare è un'arte che si impara e ritiene responsabili dell'incapacità di provare amore, tre pregiudizi:
1) Ritenere che "amore" è farsi amare
2)Invece di "come e quanto" amo, è "chi e che cosa". Si scambia l'oggetto per una facoltà.
3) Scambiare l'innamoramento per amore. Quindi per Fromm, l'amore è una facoltà che va imparata e coltivata: è l'arte della felicità umana. Nella famiglia e nella coppia, c'è il modo per ottenere in modo immediato, il soddisfacimento del bisogno d'amore e dei sentimenti, ma non è detto che siano sentimenti positivi o veri.
L'amore, questa relazione così coinvolgente, che affonda la sua origine nel profondo della nostra natura fisica, scatena conflitti di pulsioni ed energia. Dare sbocco a questa energia ed equilibrarla, dando un senso ideativo alla pulsione, è scaricare il conflitto. Diversamente nasce la frustrazione. La coppia, come si è detto, rappresenta, il modo più semplice per assicurare la relazione d'amore. L'intimità è sempre un incontro a due. L'incontrarsi, il conoscersi e riconoscersi, molte volte non è un caso ma un inevitabile processo di comunicazione che fa accadere fatti che appaiono misteriosi e strani.

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